Ischia News ed Eventi - C’è ancora spazio per il “socialismo”?

C’è ancora spazio per il “socialismo”?

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Per una felice coincidenza, oggi, nell’estate di San Martino, il mio caro amico Riccardo, dell’edicola in piazza Marina a Casamicciola, mi ha proposto una lettura de Le Monde, cosa che non capita tutti i giorni. Poi, come al solito, mi ha dato La Presse Locale, come fa ogni giorno, tanto per uno sguardo sul mondo e un altro sulla nostra piccola isola, “che è un Continente”, come la definiva l’avv. Mario Buono nelle sue conversazioni a Chiummano con il filosofo Raffaello Franchini, allievo di Benedetto Croce.

La Presse Locale, come sa Riccardo, è Il Dispari, diretto da Gaetano Di Meglio. Vi trovo oggi due pagine dedicate ai giovani che ritornano a fare politica… ma tutti a destra. Nasce il gruppo isolano di Gioventù Nazionale: “Vogliamo i giovani sulla scena politica”. L’articolo principale propone un’intervista al giovane Marco Trofa, accompagnata da una bella foto di sei ragazzi ventenni. Poi un’altra intervista a Gianmaria Ferrandino, responsabile isolano di Forza Italia. Infine, il commento del direttore dal titolo: “I giovani e la politica. Benvenuti”.

Vedendo il paginone, il mio primo ricordo è andato a 50 anni fa, ai tempi de Il Giornale d’Ischia, e a un’inchiesta condotta da Franco Borgogna sui giovani e la politica “sul campo”, non seduti a tavolino, ma andando direttamente nelle sezioni e nei circoli, i luoghi reali dove i giovani si incontravano faccia a faccia per fare politica. Forse quell’inchiesta, che andò a sondare tutti i fronti – dai socialisti agli anarchici e perfino ai postfascisti del MSI-DN – dovrebbe essere raccolta in un libro, aggiornandola con i tempi odierni.

Emergerebbe il profondo cambiamento della società: 50 anni sono mezzo secolo. Alcuni giovani di allora sono morti; altri sono ormai lontani dalla passione civile, che oggi sopravvive soltanto in qualche vecchio superstite. Si noterebbe che i giovani di allora – a sinistra, al centro e a destra – avevano una forte carica ideologica. Partivano dall’analisi della situazione del tempo e proponevano una “nuova società”, più giusta e umana, con il lavoro al centro. Il confronto tra destra e sinistra era su una piattaforma culturale influenzata dalla stagione universitaria del ’68, dalla contestazione giovanile: un conflitto tra padri e figli in cui i figli si schieravano, per lo più, contro i padri e rifiutavano l’educazione clericale, bigotta e convenzionale. Molti padri – fra cui il mio – chiamarono i loro figli degeneri, teppisti, sporchi, senza Dio, solo perché cominciavano a ragionare con la propria testa e a coltivare il pensiero libero. Questo clima caratterizzava gli anni ’60 e ’70, con associazioni, partiti politici e numeri unici di giornali ciclostilati.

Le Monde, qui

Riccardo mi ha dato Le Monde. È l’unico giornale con cui parlo francese. Ho risvegliato in lui i tre anni di francese alla scuola media: quando arrivo, parlo in francese e chiedo sempre “per piacere”. Riccardo risponde in francese. Sono convenevoli, ma ridiamo quando i turisti ci ascoltano. Qualcuno ha anche fatto complimenti a Riccardo per il suo francese. Ricordare il francese tra lui e me è come sentirsi sul Continente, e non in una piazza desolata che chiamo la “spianata senza moschee”.

Leggo Le Monde da sessant’anni. Lo portava in classe il nostro professore di francese Biagio Lauro. Scoprii la Francia, la sua lingua, la sua storia, le sue istituzioni: un fascino che ho portato con me per tutta la vita. I cari amici di scuola, Jo Scaglione e Antonio Pinto, lo ricordano ancora.

Oggi Le Monde dedica tre pagine alla gioventù in contestazione nei paesi del Sud del mondo, dove fame, dittature e guerra segnano la vita quotidiana. Che cosa significa contestare in Madagascar, Indonesia, Perù, Nepal o Marocco? Quattro giornalisti cercano di spiegarlo: cosa vogliono questi giovani, connessi tramite Internet a tutto il mondo? Quali sono i loro progetti di sviluppo?

Le Monde ospita anche la rubrica di Thomas Piketty, il celebre economista francese che propone uno sviluppo più equilibrato superando il modello capitalistico. Il pezzo si intitola Les RN, partis politiques des milliardaires. Piketty sostiene che la destra in Francia e nel mondo sia il partito dei miliardari, dei ricchi, dei padroni. È un testo da leggere attentamente, meditare e osservare parola per parola.

Una gioventù senza socialismo

Oggi, una gioventù di destra è una gioventù delle élites: vuole vivere in una società di straordinario sviluppo tecnologico ma dal più forte squilibrio sociale della storia e non intende cambiarlo. A questa gioventù di destra, la sinistra deve contrapporre un’alternativa socialista, nel mondo e nella nostra isola-Continente.

C’è bisogno di giustizia sociale e di cultura economica diffusa. Bisogna conoscere Piketty, ma anche Augusto Graziani, Giuseppe Palomba, Mariano d’Antonio, Roger Garaudy, Federico Caffè, Giorgio Ruffolo, Giorgio Foà, Paolo Sylos-Labini… e mi fermo qui, nella confusa numerazione. Il sistema globale di sviluppo deve essere discusso e modificato su piani nazionale, europeo e, ultimo ma non meno importante, locale: questa è un’isola-Continente.

Se il trasformismo – il passaggio a destra e a sinistra con la facilità di una squadra di calcio – è il sistema dei “partiti liquidi” senza storia alle spalle e senza storia davanti, la gioventù ha il dovere storico di dire la sua.

La vecchia generazione, la mia, ha commesso errori, ma come diceva Sandro Pertini: “Chi cammina talvolta cade”. Eppure ha avuto speranza nel socialismo… e continua ad averla.